Hellas Verona di Redazione , 21/10/2020 17:24

Rimettere Kalinic al centro del Villaggio

Kalinic nella foto Grigolini/Hellas Verona

Ha bisogno di sentirsi dannatamente importante Nikola Kalinic. Carattere difficile, personalità forte, ego da non sottovalutare: al punto da farsi cacciare dopo una partita dal Mondiale in Russia due anni fa dopo uno scazzo con il ct Dalic. Motivo? Kalinic si era rifiutato di entrare in campo per un mal di schiena. La Croazia poi avrebbe raggiunto una storica finale contro la Francia. Certo, Kalinic formalmente si può considerare vicecampione del mondo in carica, ma quell'episodio rivela come l'attaccante di Salona non sia precisamente un'educanda.

Per questo risulta ancora più rilevante la sua dichiarazione sul perché, a 32 anni, ha scelto il Verona: “Perché voglio giocare e perché c'è Juric”. In queste due affermazioni non vi è nulla di banale o compiaciuto, non vi è traccia di paraculaggine o ruffianeria. E' semplicemente la verità.

Kalinic, dopo 38 gol in serie A in quattro stagioni tra Fiorentina, Milan e Roma, e 160 marcature in carriera, arriva all'Hellas per tornare protagonista. Con la benedizione di un tecnico suo connazionale e corregionale (entrambi sono spalatini-dalmata) e nativo di quella Spalato dove Kalinic invece è cresciuto calcisticamente ed stato goleador in due stagioni tra il 2007 e 2009.

Insomma Kalinic per tornare a fare quello che sa, cioè gol, sentiva bisogno in qualche modo di aria di casa. Al punto da rinunciare alla montagna di soldi del Besiktas. Il giocatore si conosce: stazza fisica imponente, tecnica e capacità di palleggio, senso del gol, visione di gioco (leggi assist) e capacità di svariare su tutto il fronte offensivo. Talento di razza incapace di sfondare ai più grandi livelli (leggi il fallimento all'Atletico Madrid, o le annate mediocri al Milan e alla Roma) proprio per quel carattere un po' balcanico, quindi anarcoide, sfrontato ed egocentrico che gli è costato persino un mondiale irripetibile.

Kalinic non sopporta di sentirsi comprimario, la panchina o il part-time lo intristiscono. Per questo Verona ha tutto per essere la sua piazza e Juric il suo allenatore. Kalinic non è Toni (ma quanti in Europa lo sono da vent'anni a questa parte?), ma è il centravanti che da un po' mancava da queste parti. E checché ne dica Setti, non è stata nemmeno tutta questa follia: il suo rimanente anno di contratto con l''Atletico (3 mln di euro) è stato spalmato su due, con il club castigliano che contribuisce non poco agli 1,5 milioni del primo anno, salvo poi (in base al rendimento del giocatore) ricevere un pagamento posticipato di massimo 5 milioni (il valore di un buon centrocampista di A). Per dire, Pazzini e di Stepinsky (questa sì una follia) sono costati di più.

Piuttosto Kalinic è una delle operazioni più intelligenti di Setti a Verona. Un "top player" nella fascia media-bassa della classifica.

FRANCESCO BARANA